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Street Art Guerrilla

Il fenomeno della privatizzazione dell'arte

"Area bonificata da tombaroli, ladri di beni comuni, sedicenti diffusori della cultura, restauratori senza scrupoli, curatori prezzolati e sequestratori impunti delle opere dell' altrui intelletto, adepti del Dio Denaro e suoi sudditi ". Con queste parole (dal significato molto forte) il muralista bellunese Ericailcane commentava solo un paio di anni fa il tentativo di musealizzazione dei suoi murales, avvenuto in occasione della mostra bolognese "Street Art: l'arte allo stato libero".

La Fondazione organizzatrice della retrospettiva, aveva infatti staccato dai muri delle periferie bolognesi numerose opere muralistiche al fine di inserirle in ambito museale: un'operazione realizzata senza il consenso degli artisti e degli autori, che risposero duramente a questo tentativo di privatizzazione.

Dagli spazi pubblici delle strade allo sguardo privato e nascosto dalle pareti di un museo, con tanto d'obbligo d'acquisto di un ticket: questo il grottesco processo avviato dalla nuova e recente ondata di interesse per la street art da parte di quella che si può definire cultura "ufficiale". Ad opporsi a questa iniziativa di privatizzazione all'epoca non furono solo gli artisti, ma anche moltissimi abitanti dello spazio urbano 'derubato' dalle sue opere.

Un'arte che nasce libera, proiettata verso sguardi esterni e fruibile da tutti, finisce oggi per essere inghiottita dalla macchina del capitalismo mercantilistico in cui tutto diviene merce di scambio, persino alcune opere d'arte che nascono come denuncia e voce della ribellione. Una tendenza che da anni dilaga in tutt'Europa e oltre oceano.

A Milano, ad esempio, è stata appena inaugurata la mostra " The Art of BANKSY. A VISUAL PROTEST", che vanta ben 10.000 visitatori soltanto nei primi cinque giorni dall'apertura.
Incentrata sul lavoro del celebre muralista inglese che colora con i suoi capolavori artistici le strade di tutto il globo, senza mai palesare la dua identità, la mostra milanese segue la corrente delle esposizioni a tema street art, che avvengono principalmente senza il consenso degli artisti.

La descrizione della retrospettiva finisce infatti con la scritta "Unofficial and unauthorized by Banksy" - non ufficiale e non autorizzata da Banksy.
Il concetto naturale di street art viene così stravolto: un paradosso incredibile in una città come Milano, dove da un lato si musealizza l'arte di strada (lucrando sulla sua privatizzazione) e dall'altro si reprimono aspramente i writers. Negli ultimi due anni sono stati avviati ben 160 processi contro writers e artisti.

Fortunatamente, di fronte ad un simile contesto di mercificazione, gli artisti trovano sempre soluzioni geniali per esprimere il proprio dissenso: un perfetto esempio ci è dato proprio da Banksy, che, qualche mese fa ad un asta di Sotheby's, ha fatto in modo che la sua opera "Balloon Girl" si autodistruggesse grazie ad un tritacarte inserito nella cornice del quadro, appena battuto all'asta per il valore di ben 1.042.000 sterline (1,18 milioni di euro). 

Un messaggio chiaro e deciso, quello dell'artista. Ua mossa senza precedenti nella storia dell'arte, che ha creato un enorme tam tam mediatico, avviando nuove riflessioni sul mercato d'arte (pubblica). Un'arte gratuita, a volte creata per abbellire, migliorare e rendere vivibile un quartiere dimenticato, altre ancora un potente strumento di denuncia, la voce di chi, troppo spesso, non può gridare un messaggio d'aiuto. 


Il ruolo della street art è sempre più importante ed è giusto che venga riconosciuta come forma d'arte e cultura, ma è altrettanto giusto che questa rimanga pubblica e fruibile gratuitamente, che non venga "spostata" dal luogo in cui è stata creata, che spesso, come nel caso di molte opere di Banksy, è parte dell'opera stessa.

In tutto il mondo gli street artist difendono le loro opere: è in atto, così, una vera e propria "guerrilla" artistica, tra arte libera, che vuole essere alla portata di tutti, e mercificazione. Molti gli spunti di riflessione che nascono in casi come quelli sopra elencati... praticando quella che è la Buona Strada, bisognerebbe pensare pià a lungo al concetto stesso del valore. Il valore, per queste opere, non dev'essere identificato o stabilito attraverso il denaro... ma piuttosto dev'essere riconosciuto e stimato in base all'apporto che dona allo spazio pubblico. "Che Guerrilla sia"!

Il rifiuto, in un’ottica circolare
Trash Art - il riciclo diventa arte pubblica