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Ecologia, architettura e arte per curare la città

Al convegno di Stadarts la riflessione di Paola Malgaretto dell’Istituto nazionale di Bioarchitettura

Sezione provinciale di Venezia
RIGENERAZIONE URBANA TRA ARCHITETTURA, ECOLOGIA ED ARTE

La trasformazione della città e delle sue periferie è una grande sfida a cui dovremmo dare risposta in tempi brevi. Se nel 1950 la popolazione urbana era il 29 per cento, nel 1956 passa al 36 per cento e nel 1990 al 50 per cento. Si stima che nel 2025 potrebbe essere del 60 per cento. Cosa significa tutto ciò? All'aumento della popolazione corrisponde l'aumento di consumi e gestione degli scarti urbani (ad esempio nei centri urbani la domanda di acqua si raddoppia ogni 20 anni). Questa crescita inarrestabile delle città provoca effetti devastanti sul benessere delle persone e dell'ambiente, con gravissime ripercussioni sul sistema sociale e sanitario.

Ecco che la rigenerazione urbana diventa il cardine sul quale agire, per invertire la rotta e traghettare verso un modello urbano diverso, strettamente connesso al territorio che lo ospita, lo sostiene, lo alimenta, favorendone le connessioni vitali fatte anche di scambi sociali, culturali ed economici: le città devono essere considerate le protagoniste di una metamorfosi in chiave ecosistemica, organismi viventi e non più “macchine” produttive.

Le città devono diventare la “seconda pelle” della terra.

E' necessario ridefinire il concetto della ricchezza, perché includa il concetto di capitale naturale: aria, acqua pulita, mare incontaminato, terra fertile e biodiversità, perché non esistono sostituti per questi servizi naturali che formano parte del sistema di sussistenza della città stessa. E' inoltre necessario porre una rinnovata attenzione alle relazioni e funzioni dell'intero sistema urbano, inducendo nuove informazioni e connessioni, intrecciando bisogni con cambiamenti culturali, istituzionali, di organizzazione e utilizzo degli spazi e delle risorse. Una città, prima che da edifici è fatta di persone che vivono insieme.

In una visione sistemica dell'organismo-città, gli interventi rigenerativi funzioneranno da “principi attivatori di cambiamento”, come degli enzimi capaci di avviare autonomamente e localmente delle trasformazioni, intervenendo nei flussi di informazioni e contaminando altri luoghi. Il modo in cui una città utilizza e riutilizza lo spazio ha un forte impatto sulla sua identità, sul benessere degli abitanti e sull'economia locale. L'azione racchiude in sé nuove domande e nuove risposte: spazi urbani ecologici, flessibili, facilmente accessibili.

In questa visione la bioarchitettura si pone come azione curativa di riattivazione delle relazioni nel tessuto urbano, come esperienza temporanea di trasformazione eco-sociale nel territorio. La bioarchitettura recupera l'affermazione degli spazi e dei luoghi di relazione attraverso la natura, l'arte e la bellezza, incentivando forme di partecipazione con i cittadini nel sperimentare nuovi prototipi urbani.

La sezione provinciale di Venezia dell'Istituto Nazionale di Bioarchitettura ha avviato diversi studi sulla rigenerazione urbana e attualmente è attiva nel quartiere di Altobello, area centrale di Mestre, con uno studio che vuole fornire un pretesto, uno stimolo per contribuire nel processo di ricerca socio-culturale di ri-utilizzo in chiave ecologica del territorio. Il quartiere di Altobello diventa un laboratorio temporaneo di sperimentazione, per riprendere familiarità con ciò che succede attorno a noi, partendo proprio da chi ci vive il territorio. Le azioni intraprese sono molteplici e le modalità operative partono dal coinvolgimento dei residenti e tentano di orientare verso soluzioni semplici, ma mai scontate. L'orizzonte di riferimento è molto ampio ed è contaminato da alcune interessanti esperienza di rigenerazione urbana che si stanno maturando in giro per il mondo e fondono aspetti sociali, economici, culturali, di sicurezza alimentare, di qualità ambientale, di adattamento climatico, ecc.

Molto interessanti sono le esperienze di rigenerazione urbana nate dall'incontro tra architettura ed arte nella reinterpretazione gli spazi urbani. L'Arte di Strada in particolare diventa occasione importante per l'utilizzo temporaneo di spazi abbandonati o sottoutilizzati con esiti positivi inattesi: oltre alla sorpresa di avere la possibilità di riappropriarsi di luoghi abbandonati è ribaltato il ruolo della Pubblica Amministrazione, la quale interviene successivamente al riconoscimento di una nuova funzione di uno spazio urbano da parte dei cittadini.

Speriamo che questa breve riflessione possa essere lo stimolo per continuare nell'impegno di promuovere il cambiamento culturale in chiave ecologica, attraverso molteplici esperienze espressive e con l'auspicio di vedere fiorire stimolanti collaborazioni e progetti creativi anche nelle nostre città.

Grazie e buon lavoro.

Tra matite e clavette.
Intervista con la nostra grafica di strada