La guerra distrugge la bellezza. Quella delle infrastrutture che diventano macerie, ma anche quella negli occhi di tutte le persone che non riescono più a vederla per colpa degli orrori aiquali hanno assistito.
Kabul è una città che ha tolto tanto a molti e, le sue mura semidistrutte, i frantumi dei suoi edifici, sono l'orribile testimonianza di quello che è stata e che è la realtà della capitale afghana.
Kabir Mokamel è un artista che ha deciso di utilizzare la devastazione della città come tela: si fa portatore così di un messaggio forte, d'impatto, di profonda denuncia sociale, nel quale ha cercato di coinvolgere anche altri artisti e abitanti della città.
Kabir nei suoi graffiti si ispirata chiaramente al lavoro di Bansky - forse il più famoso street artist al mondo - e veicola messaggi chiari e nitidi, attraverso l'attivismo urbano e la resistenza culturale.
Un esempio iconico è l'opera che ritrae un uomo intento a trasportare una carriola con dentro un cuore rosso; vicino c'è una mappa dell'Afghanistan che ha sopra un grosso cerotto. Mokamel fa comprendere che, il suo, è un paese ferito, dolorante e zoppicante, ma con una gran voglia di resistere e “rifiorire dalle sue ceneri”.
Un altro esempio di street art che restituisce bellezza in segno di protesta conro le guerre è quello di Arofish, che disegna messaggi non violenti in Iraq e Palestina. Secondo Arofish, artista londinese, la creatività permette di lanciare messaggi ricchi di significato, spesso in grado di aiutare chi soffre e portare loro consolazione. Da anni usa la pittura murale per esprimere critica sociale e provocare riflessioni nelle persone. Altri "graffiti di pace" nascono ogni giorno sui muri disastrati di moltissime città che hanno visto o vivono l'orrore e la devastazione per mano dell'uomo.
Un murales non può fermare una guerra né combattere la corruzione, ma può stimolare il pensiero e la riflessione in coloro che si soffermano a guardarlo, facendo nascere la speranza anche dove apparentemente non c'è e donando forza e nuova bellezza.
Perché l'arte, sì, può cambiare le cose.